Per molto tempo si è discusso sull’origine di questo vitigno. Il famoso ampelografo Dalmasso, nella sua opera enciclopedica ufficiale, conclude che si tratti di un vero e proprio vitigno autoctono Canavesano. L’antica dizione Albaluce, frequentemente citata dai libri storici, dimostrerebbe un’origine romana del nome (Alba lux), probabilmente derivato dalla particolare colorazione d’orata con riflessi ramati nell’ultima fase della maturazione. Famoso è il passo di Giovan Battista Croce (1606): “Erbalus è una bianca così detta come alba perché biancheggiando risplende: ha li grani rotondi, folti e copiosi, ha il guscio o sia scorza dura: matura viene ristita e colorita e si mantiene in sui la pianta assai”. Le principali caratteristiche sono senza alcun dubbio la sua importante acidità affiancata da un contenuto in minerali decisamente elevato tutto racchiuso in una robustissima buccia: record tra le varietà bianche. Queste caratteristiche consentono all’Erbaluce di trasformarsi perfettamente da bianco secco minerale e complesso in bollicine strutturate e dalla lunghissima persistenza per finire in un dolce ed equilibrato passito. Tre esperienze uniche ed esaltate da una grandiosa longevità.
ERBALUCE
BARBERA
Nella tradizione Piemontese questo vino è sempre stato indicato al femminile: “la” Barbera e non “il” che si riferisce invece al vitigno. Il barbera, vitigno storico piemontese, si è contraddistinto per la sua espansione costante nei secoli fino a rappresentare attualmente il più diffuso tra i vitigni a bacca rossa della nostra regione. Le sue caratteristiche sono conosciutissime: elevata concentrazione in colore ed in zuccheri a maturazione così da creare vini da una piacevolezza assoluta. Il vino, affinato per 6 mesi, è un tuffo in una spremuta d’uva.
BARBERA
Nella tradizione Piemontese questo vino è sempre stato indicato al femminile: “la” Barbera e non “il” che si riferisce invece al vitigno. Il barbera, vitigno storico piemontese, si è contraddistinto per la sua espansione costante nei secoli fino a rappresentare attualmente il più diffuso tra i vitigni a bacca rossa della nostra regione. Le sue caratteristiche sono conosciutissime: elevata concentrazione in colore ed in zuccheri a maturazione così da creare vini da una piacevolezza assoluta. Il vino, affinato per 6 mesi, è un tuffo in una spremuta d’uva.
NEBBIOLO
Le sue origini certe risalgono agli inizi del trecento. Ma solo a partire dal XIX secolo il Nebbiolo viene frequentemente citato nelle opere dei più famosi ampelografi. Due sono le presunte origini del nome: una da “nebbia” in quanto i suoi acini sembrano “annebbiati” dall’abbondante pruina (cera protettiva naturale dell’uva) l’altra dovuta alla tardiva maturazione delle uve che porta a vendemmiare a metà Ottobre, periodo di nebbie. Vitigno caratterizzato da una elevata eterogeneità morfologica, di difficile coltivazione, è presente in areali ristretti e particolarmente vocati alla sua coltivazione. La vinificazione è vincolata dalle caratteristiche dell’uva: l’alta concentrazione in tannini (costituenti principali delle uve rosse ed importantissimi antiossidanti) e bassa in antociani (i pigmenti dell’uva rossa) impongono lunghe macerazioni ed affinamenti; questi due passaggi garantiscono estrazioni di colore e struttura e nel contempo la loro stabilizzazione così da ottenere vini longevi, complessi e decisamente strutturati. In una parola, nobili. Il Nebbiolo viene coltivato in particolar abbondanza in Piemonte nelle Langhe e nel Roero in provincia di Cuneo e nell’Alto Piemonte dove possiamo indicare le sottozone del Canavese soprattutto nel comune storico di Carema in provincia di Torino, del Biellese, dell’Alto Vercellese e del Novarese. È presente anche nell’Astigiano anche se in quantità minore. Al di fuori del Piemonte è ampiamente diffuso nella Bassa Valle d’Aosta, ancor più in Valtellina. E’ presente anche in Franciacorta.